Marsala - Palazzo VII Aprile
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Marsala - Palazzo VII Aprile |
PALAZZO VII APRILE LA “LOGGIA GIURATORIA” DI MARSALA
- Storia di un monumento -
Storia di una città La realizzazione di Palazzo VII Aprile che
nell’immaginario collettivo dei marsalesi compendia, come pochi altri
monumenti, la storia e le tradizioni della città, si dipana per un lungo volger
di secoli ed accompagna le complesse trasformazioni del tessuto urbano da
grosso borgo a centro monumentale. L’antica “Loggia Giuratoria”, inoltre,
trasformandosi nel “Palazzo di città” ha costantemente assolto la funzione di
autorappresentanza del potere comunale, cosicché la sua strutturazione non è
avvenuta solo in relazione alla pratica utilità connessa alle funzioni civiche
ma anche in relazione all’immagine che della propria cultura, delle proprie
aspirazioni e del ruolo che intendevano assolvere nei confronti del potere
centrale, la classe dirigente locale e l’intera comunità hanno voluto dare di
sé.
Quando nel 1576 avvenne la prima strutturazione dell’antica Logia puplica,
la Universitas si trovava coinvolta in una trasformazione che ne stava
cambiando i connotati civili, economici ed ambientali. Elevata nel 1505 al
rango di città con il titolo di antiqua, i decenni che si erano succeduti non
erano stati facili, anzi alcune vicende erano state tra le più tristi, ma la
Comunità le aveva superate, pur tra difficoltà ed errori, reinterpretando il
proprio ruolo ed escogitando soluzioni originali. Infatti, mentre, agli inizi
del secolo, l’impianto di ben cinque saline stava per dare un nuovo impulso
all’economia e maggior lustro ai maggiorenti che ne avevano avuto la concessione,
la permanenza, dal novembre 1519 alla primavera del ’20, di 10.000soldati
spagnoli, qui giunti a svernare, aveva distrutto quasi completamente la città.
Le case erano state occupate, gli abitanti si erano rifugiati nelle grotte
del contado e nei paesi vicini, le vettovaglie erano state depredate e quando
gli alberi e le viti non erano più bastati per far fuoco, si erano utilizzate
porte, finestre, sedie e mobilio. Tutto era stato distrutto, l’incendio delle
travi della Chiesa Madre aveva assunto un valore emblematico. Eppure, quando i
soldati se ne furono andati, la città aveva trovato la forza di reagire: nel
’22 furono riscattate le rendite dell’Università dal Requesenz, verso la metà
del secolo si ricostruirono mura e baluardi, nel ’70 si decise di edificare il
Quartiere Militare per evitare che i soldati soggiornassero nelle case. Ed
accanto all’edilizia civile, quella religiosa. Nel 1564 prende avvio la
realizzazione del Collegio Gesuitico con l’intento di dare impulso
all’istruzione pubblica, nel ‘65 l’Ospedale di S. Biagio, nel ’69 si restaura e
si amplia S. Pietro, nel ’71 si fonda il Convento dei Cappuccini per il
sostegno alle opere di pubblica carità ed assistenza, nel ’76 si ricostruisce
S. Giovanni al Boeo, nel ’84 la Chiesa del Purgatorio, nell’ ’87 prende l’avvio
la costruzione di S. Girolamo.
Nel corso del secolo per ben tre volte si consolida e restaura la Chiesa
Madre e si fa strada il progetto di una sua riedificazione. Insomma, la
ristrutturazione della Loggia Giratoria non è un avvenimento isolato nel tessuto
urbano, ma un elemento importante, e simbolico, di un nuovo costituirsi della
città e si pone come segno concreto della centralità che va assumendo, nella
conduzione della cosa pubblica, il potere civile esercitato dalle famiglie
egemoni. Come vengono reperite le risorse economiche necessarie per supportare
tante iniziative?Attraverso l’alienazione o la censuazione del demanio
pubblico. Marsala, città reale, possedeva un vastissimo territorio demaniale.
Nel 1324, Federico III aveva concesso che le terre comuni potessero essere
lottizzate e date in proprietà ai cittadini. Concessioni, ed usurpi, c’erano,
dunque, già stati nel ‘300 e nel ‘400, ma nel‘ 500 questa divenne pratica
abituale per sopperire ai bisogni economici dell’Università.
Nel ’35 vengono alienate 40 salme nella Contrada Fossa del Giordano, nel
‘36 le alienazioni sono a Dara e Carillumi, nel ’55 vengono vendute terre a
Birgi ed il marcato di Ciavolo, nel ‘76 vengono censite terre a Galvano,
Fiumara, Gurgo, Ciancio,Grazia, nel ’98 Zaccanelli, Mandre Rosse e Sutana. E si
tratta solo delle alienazioni più rimarchevoli; per tutto il secolo sono
infatti accertate continue censuazioni ed alienazioni abusive, cioè effettuate
dai Giurati senza il permesso del Viceré.Tutto ciò provoca profonde trasformazioni
nel tessuto sociale, si restringe l’area della pastorizia esercitata sulle
terre comuni, si estendono le terre agricole. Su terreni una volta deserti si
insedia una popolazione stanziale e la campagna si popola di cascinali
ecasali.I ceti dirigenti, tra i maggiori beneficiati dalle censuazioni,
acquisiscono più cospicuefonti di reddito ed aumenta il loro prestigio. Sono
queste le vicende nell’ambito delle quali i Giurati realizzano, nel ’76, il
nuovo prospetto della Loggia che pur insistendo per maggior tratto nel Cassero,
si volge su un’area di probabile valorizzazione, stante il dibattito iniziato
per la costruzione della nuova Matrice. L’inizio del ‘600 vede, infatti, come
problema prioritario del rifacimento urbano proprio la costruzione della Chiesa
Madre di cui, nel 1590 era crollata un’ala a causa delle continue piogge.
Nel 1607 i Giurati assumono formale impegno per la ricostruzione, nel ’23
viene sospeso l’ufficio divino stante la pericolosità della struttura, l’8
febbraio 1628 viene posata la prima pietra e, dopo alterne vicende, il 15
giugno del 1546, la nuova chiesa viene aperta al pubblico, benché non ultimata.
La realizzazione di un monumento di così imponenti dimensioni comporta
necessariamente la riproggettazione dell’area prospiciente. Viene quindi
abbattuto un massiccio edificio che insisteva sul sagrato della Matrice e la
isolava dal Cassaro e si viene a costituire una piazza, la più centrale ed
ampia della città, di cui la parte sud viene occupata per intero dal prospetto della
Matrice, sulla parte nord insistono alcuni palazzi gentilizi, il lato ad
occidente viene occupato dalla facciata laterale di S.Giuseppe ed il lato
orientale, proprio quello sul quale insisteva la Loggia Municipale, suddiviso
tra questa, ormai sottodimensionata rispetto all’ambiente circostante, l’alta
torre civica, edifici privati di poco pregio.
Emerge, quindi, l’esigenza di dare dignità a questo lato della piazza e
tale esigenza si congiunge a quella di costruire un edificio che rappresenti
degnamente il potere municipale e simboleggi il prestigio della nobiltà locale
che nel 1663 ha ottenuto la Mastra Serrata, cioè il privilegio di accedere alle
cariche civiche escludendone, di fatto,le classi subalterne. Di se stessa
l’oligarchia intende fornire un’immagine di classe colta e non provinciale,
partecipe dei moderni atteggiamenti del gusto, capace di imporre le sue scelte
non soltanto nell’ambito locale ma anche nei confronti del potere centrale
concui non ha timore di contendere.
E’ questa la genesi sociologica del mandato affidato, nei primi del
‘700,all’aristocratico locale Giuseppe Rocci. Il progetto ha da essere “colto”,
elegante, aggiornato, in linea con i nuovi modelli italiani ed europei, ma
nello stesso tempo non può segnare uno strappo violento con i vissuto della
tradizione e deve essere “economico”, cioè deve fare i conti con le concrete
disponibilità finanziarie.
Ed ecco che il progetto del Rocci mantiene, come elemento distintivo del
manufatto, ilporticato, già presente nel prospetto dal 1576, ma lo definisce
secondo il modello del Vignola il cui trattato era stato ristampato nel 1710
arricchito di commentari e figure,e lo replica con evidente ispirazione al
Palladio il cui libro era comune nelle biblioteche degli architetti del primo Settecento.
Inoltre, probabilmente ispirandosi al palazzo della Pilotta di Parma, date le
sue origini parmensi, egli ingloba nella struttura la torre civica, sul cui
prospetto conserva con le antiche lapidi la memoria della città. Si tratta,
infine, di un progetto modulare che può essere realizzato in fasi successive
eche nonostante le difficoltà ed i contrasti viene perseguito con tenacia e
portato a termine dal 1726 al 1760. Il cantiere, infatti, rimane aperto più di
trenta anni nel corso dei quali si succedono alterne vicende. Appena
all’inizio, in un episodio di brigantaggio comune nelle campagne siciliane nei
primi anni del viceregno austriaco, viene ucciso Giacomo de Martino, capomastro
delle fabbriche. Negli anni successivi i contrasti dilaniano l’oligarchia
marsalese. Ne nasce una lite giudiziaria con Mario Nuccio proprietario di case
che devono essere espropriate per dar luogo all’ampliamento del palazzo ed alla
sistemazione della piazza.
Nel 1731 muore il Rocci. Si instaura una contesa permanente tra i Giurati
marsalesi ed il Tribunale del Real Patrimonio. Per quanto riguarda il cantiere,
apparentemente, si tratta di un contrasto sull’utilizzo delle somme da
destinare all’edificazione del palazzo comunale ed al restauro, prima, ed al
rifacimento, poi, del campanile del Carmine (questo, dopo evidenti segni di
collasso, crolla il 27 luglio del 1745). Si tratta, in realtà di un episodio di
una più vasta lotta che oppone il riformismo borbonico alle preminenze feudali
ed ai particolarismi locali. L’immunità fiscale, privilegio della Città fin dal
1321, confermata da Carlo V nel1524, viene negata nel 1737, nel ’52, nel ’55.
nel ’65. Ogni volta si instaura un contenzioso ed il privilegio viene
riconfermato, ma la concordia ordinum appare in pericolo. Comunque, mentre
prende corpo un processo che pone in discussione antiche preminenze, è
sintomatico che il progetto del Palazzo non venga cambiato.
Anzi Giovan Biagio Amico che lo completa aggiungendovi elementi di gusto
personale: la balaustra terminale, i vasi di sbieco, alleggerendo il prospetto
superiore con il ridimensionamento dell’arco e l’inserimento di uno spazio
vuoto tra colonne e pilastri, mostra di usare elementi di una grammatica
architettonica diffusa in tutta Europa e realizza un edificio incredibilmente
simile alla Loggia del municipio di Colonia probabilmente in accordo con
Antonio XI Grignani, l’aristocratico marsalese che aveva a lungo viaggiato
all’estero, era stato a Colonia ed aveva soggiornato tre anni in Germania.
Insomma, la difficoltà dei tempi non distolgono, anzi confermano, la nobiltà
locale nella realizzazione di un monumento che sia auto rappresentazione di se
stessa. Sintomatico il fatto che le fasi conclusive del cantiere siano state
nelle mani di Calogero Isgrò, un mediatore accorto con il potere centrale, che
di lì a poco sarebbe diventato il campione della città rivendicandone ancora
una volta l’immunità.
Nel 1760 il cantiere è chiuso e la Loggia è terminata. Gli interventi della
fine dell’Ottocento e del secondo Novecento avrebbero solo completato e
ridefinito il progetto settecentesco. Ma i tempi nuovi incalzavano e quella
nobiltà che aveva creduto di acquistare nuovo prestigio con la realizzazione
del Palazzo è ben presto contraddetta. Nel 1755 viene abolita la Mastra
Serrata. Nel 1758 il conte Antonio Grignani non accetta la carica di giurato
perché vedersi accanto di tre altri giurati, “di bassa lega” è “uno sfregio
molto sensibile al di lui carattere di onestà”. Ne nascono altre liti e
contrasti. La nobiltà marsalese vedrà ripristinato il suo privilegio il 1°
febbraio 1784. Appena cinque anni prima che in quell’Europa alla quale voleva
tanto assimilarsi scoppiasse la Rivoluzione Francese. L’occasione per
ripercorrere queste vicende ed il contributo per conoscere tutte le fasi della
realizzazione di Palazzo VII Aprile e per “leggere” il monumento ci viene
offerto da uno dei libri più belli che siano stati scritti negli ultimi anni
sulla nostra città. Si tratta di Palazzo VII Aprile –
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