Viene allora naturale porsi la domanda: l’acqua, in Sicilia, è fonte di vita o fonte di guadagno?

L’acqua, un diritto di tutti, a quali costi?

L’acqua è fonte di vita e senza acqua non c’è vita: è un bene comune, un diritto inalienabile che, in quanto tale, dovrebbe essere condiviso equamente da tutti.

Già ai tempi della grande cultura ellenista il filosofo Talete, che gode degli onori di essere considerato il primo filosofo occidentale, affermava che l’archè, ovvero il principio eterno dal quale si generano le cose, fosse l’acqua.

Probabilmente Talete ricavava l’indicazione dell’acqua come archè dall’osservazione diretta della natura, dove, tutto ciò che è vivo sembra aver bisogno d’acqua per generarsi o semplicemente per continuare a vivere.

Se, in linea di principio, possiamo essere tutti d’accordo con la considerazione che l’acqua è un bene comune e un diritto di tutti, persiste, tuttavia, il dibattito sul costo dell’acqua, che scorre nei rubinetti delle nostre case: se deve avere un costo ispirato ai principi della solidarietà o un costo ispirato a criteri puramente economici. E se a questo tema si affianca il dibattito se l’acqua debba essere gestita dal pubblico o privato, la discussione, a questo punto, si accende dei toni della polemica tra le opposte opinioni di esperti del settore.

Se da un lato una gestione dell’acqua da parte dei privati potrebbe produrre, come negli altri settori di erogazione di servizi (energia, telefonia, etc.), una maggiore efficienza, una riduzione dei costi, una maggiore qualità del servizio dall’altro lato è palpabile il pericolo che l’acqua, un bene primario per l’uomo, “scorrendo” secondo le regole del libero mercato diventi una merce come tante altre.

Un’analisi più approfondita di questi temi non può che partire dal contesto Legislativo vigente.

Sebbene la legge Galli sancisca che “ tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà “, tuttavia, la stessa legge affermando che “qualsiasi uso delle acque è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire, di un integro patrimonio ambientale” ha implicitamente ammesso che l’acqua non è risorsa illimitata e va quindi salvaguardata riducendo sprechi e difendendo l’ambiente.

Nella nostra società capitalistica, quando la disponibilità di un bene è illimitata, ad esempio l’aria, il mare, il vento, il suo valore o costo è zero quando, invece, quel bene diventa limitato assume un valore ed il costo di chi vuole usufruirne ha un prezzo ben preciso regolato dalle leggi della domanda ed offerta.
E’ il caso dell’acqua minerale il cui costo soggiace a queste regole.


Viene allora naturale porsi la domanda: l’acqua è fonte di vita o fonte di guadagno?

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